di Pietro Mezzi*

Se per l’Oxford Dictionary la parola del 2019 è stata emergenza climatica, quella del 2020 potrebbe ben essere resilienza. È questo infatti il tema dell’ultimo saggio di Altreconomia (https://altreconomia.it/prodotto/fare-resilienza/) in cui l’autore racconta che cosa significa resilienza per le città, i territori e le comunità. Il libro indica, attraverso casi concreti, come far fronte a uragani, siccità e alle disuguaglianze che portano con sé.

Per resilienza si intende la capacità di un sistema – un organismo, una città o un sistema socioeconomico – di adattarsi e innovarsi dopo avere subìto un forte impatto di origine naturale o antropica.

Il libro spiega, con esempi da tutto il mondo, in particolare da Europa e Stati Uniti, come architetti, urbanisti, paesaggisti ed esperti di mitigazione climatica abbiano affrontato in modo resiliente gli shock provocati dal climate change. Dà la parola a due fra i maggiori esperti italiani di resilienza: lo psicologo, professore universitario, sportivo e saggista, Pietro Trabucchi e Piero Pelizzaro, oggi Chief resilient officer del Comune di Milano.

A chiusura della prima parte, il libro ospita un intervento di Stefano Caserini, docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, dal titolo “Città e crisi climatica”, in cui si riassume lo stato dell’arte “L’urgenza della crisi climatica […] suffragata dai segni sempre più tangibili degli effetti del surriscaldamento globale […] impone un cambio di passo nelle azioni delle città contro il riscaldamento globale”.

Il cuore del libro sono poi i progetti resilienti in tutto il mondo che coinvolgono, con interviste e dichiarazioni, importanti architetti, urbanisti, paesaggisti e i loro studi, nonché le pubbliche amministrazioni di importanti città e intere comunità.

Sui temi della sostenibilità e della resilienza alimentano il dibattito alcuni professionisti impegnati a ripensare profondamente il proprio ruolo: architetti come Mario Cucinella, Alfonso Femia, Michele Rossi, Andrea Schiattarella, Gino Garbellini, Andreas Kipar, Stig Lennart Andersson o urbanisti e docenti di tre differenti università: Carlo Gasparrini, Simona Tondelli e Andrea Arcidiacono. Per tutti è essenziale stabilire una nuova visione della natura per abbracciarne i valori estetici e funzionali all’interno dello sviluppo urbano, della progettazione degli spazi e dell’architettura del paesaggio.

Il repertorio di casi che segue si concentra su numerose e significative progettualità, soprattutto in Europa e negli Usa, attraverso le quali gli spazi e le infrastrutture, dalla Danimarca alla baia di San Francisco, propongono cambiamenti radicali che, oltre a trasformare pieni e vuoti in ottica resiliente, prevedono soluzioni che vanno dall’energia rinnovabile alla mobilità, dal verde pubblico all’economia circolare. Si va dallo Sponge Garden di Rotterdam al parcheggio Pop-up di New York.

Un capitolo è dedicato al tema della forestazione urbana, con una serie di esperienze attuate in diverse parti del mondo e che propone un approfondimento sul progetto Forestami, raccontato da Maria Chiara Pastore e Livia Shamir dello studio Stefano Boeri Architetti. Ma piantare milioni alberi può salvare il Pianeta dal climate change? L’intervento dello studioso Giorgio Vacchiano fornisce un importante e inedito punto di vista.

Architetto, giornalista, consigliere della Città Metropolitana di Milano                            pietromezzi1@gmail.com

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