di Vittorio Ferri*

Gli strumenti di perequazione perseguono due obiettivi principali: di equità di fronte alle ineguaglianze di ricchezza fiscale dei governi locali e di efficacia economica nell’allocazione delle risorse. Nelle sue diverse declinazioni, verticale o orizzontale, passiva o attiva, esplicita o implicita, finanziaria, fiscale e infrastrutturale (introdotta dall’articolo 22 della legge n. 42 del 2009) tali strumenti agiscono a posteriori per ridurre i divari di ricchezza fiscale, di capacità fiscale, di trasferimenti finanziari, di dotazioni infrastrutturali mediante meccanismi di redistribuzione o investimenti pubblici. La perequazione territoriale assume l’obiettivo certamente ambizioso di agire sulle cause delle disparità: i fenomeni localizzativi che originano un ineguale concentrazione della popolazione, delle attività economiche, delle basi imponibili e un eccessivo sfruttamento delle risorse naturali. A differenza di quella urbanistica che interviene sui diritti edificatori e delle altre forme di perequazione non implica trasferimenti finanziari da altri livelli di governo ma redistribuisce le risorse fiscali generate dalle trasformazioni territoriali. L’origine della perequazione territoriale è da ricercare nelle disparità di ricchezza fiscale dei comuni francesi determinate negli anni novanta dall’applicazione della tassazione locale sulle imprese (la taxe professionnelle) che prima ha generato la concorrenza fiscale e territoriale per attrarre nuove imprese e poi ha stimolato la cooperazione intercomunale. Il Piano territoriale metropolitano (PTM) della Città Metropolitana di Bologna prevede l’utilizzo della perequazione territoriale per costruire un meccanismo di redistribuzione a dimensione metropolitana delle risorse finanziarie generate dalle trasformazioni territoriali. Questa importante decisione è stata assunta in continuità con il comma 3 dell’art. 15 della legge n. 20 del 2000, secondo il quale gli Accordi territoriali “possono prevedere forme di perequazione territoriale” e con le successive sperimentazioni: nel 2001 nei comuni di Cavezzo, Medolla e San Prospero in Provincia di Modena (ispirata dall’esperienza francese) per un area produttiva intercomunale, nel 2004 gli accordi territoriali delle associazioni intercomunali Quattro Castelli (Comuni di Castel Guelfo, Castel San Pietro Terme, Dozza e Medicina) per l’ambito produttivo San Carlo e Valle dell’Idice (Comuni di Castenaso, Ozzano dell’Emilia e San Lazzaro di Savena) riguardanti quattro aree produttive.

L’art. 5.3 del PTM istituisce un fondo perequativo metropolitano a favore delle unioni o dei comuni cui è riconosciuta una minore capacità edificatoria (e quindi fiscale) per compensare le minori entrate derivanti dalla realizzazione di nuove trasformazioni urbanistiche nei comuni con maggiore accessibilità infrastrutturale e disponibilità di aree. Il fondo sarà alimentato dalle risorse derivanti da trasformazioni all’interno e all’esterno del perimetro del territorio urbanizzato e nei poli metropolitani integrati. In coerenza con le prime sperimentazioni della perequazione territoriale, l’attenzione principale del PTM è dedicata ai nuovi insediamenti produttivi e al rafforzamento della cooperazione intercomunale, utile anche per ridurre la debolezza delle unioni di comuni, in pratica costruite solo sull’esercizio di alcune funzioni, senza il governo congiunto del territorio e un progetto di futuro in cui riconoscersi. Confluiscono nel fondo, del valore stimato in 10 milioni di euro l’anno, quote delle entrate pari al 50% degli oneri di urbanizzazione secondaria, dell’eventuale applicazione del contributo straordinario, delle monetizzazioni nel caso di aree per dotazioni territoriali e di ulteriori entrate fiscali. Le risorse del fondo saranno assegnate ogni anno ai comuni e alle loro unioni. L’utilizzo delle risorse è collegato ai Programmi di rigenerazione attivati dai comuni, dalle unioni e dalla Città metropolitana che possono riguardare ad esempio il patrimonio pubblico dismesso o sottoutilizzato e i siti produttivi dismessi.

Il PTM segna dunque il passaggio dalla perequazione territoriale a dimensione intercomunale a quella metropolitana. L’applicazione di questo strumento è desiderabile anche per la riduzione degli effetti finanziari del pendolarismo sui comuni della Città metropolitana.

Il passo successivo potrebbe essere la redistribuzione, a livello regionale, di una quota delle risorse generate dalle trasformazioni territoriali nei comuni sulla Via Emilia e nella costa adriatica verso i territori appenninici.

*Università IUAV di Venezia                                                                                              vittorio.ferri@unimib.it

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